Apro l’app di facebook da Iphone e il messaggio è un potente schiaffo: “reinserire le password per l’accesso“.
Chi conosce il mondo ipercontrollato di IOS sa che queste operazioni avvengono solo per un problema: tentativo di intrusione.
Panico.
Cambi la password e non funziona, provi a farti rimandare i codici via SMS e non funziona, provi ad accedere da desktop e non funziona.
Immagini la fine del mondo, l’inferno, le cavallette, i Cavalieri dell’apocalisse ma poi tutto si ricompone.
Però lo spavento mi mette di fronte a un fatto che non avevo forse considerato nella sua drammatica completezza.
Un profilo cancellato non è semplicemente un software condito da una spruzzata di dati:
significa perdere una parte della propria vita.
Immaginate per un attimo se in un momento vi dovessero cancellare tutti gli account (Facebook, Twitter, Instagram, Gmail, whatsapp, messenger e via dicendo).
Esattamente un momento dopo voi non esistereste più.
Sareste fantasmi di carne che camminano invisibili nel mondo digitale.
Tutti i vostri testi, le vostre relazioni, le foto e i video, le reazioni e interazioni: tutto seppellito sotto una password cambiata da un hacker.
Voi non esistereste più perché se anche doveste recuperare la vostra identità i contenuti che sono stati determinanti per crearla non ci saranno mai più.
Perché noi ogni giorno creiamo contenuti che raccontano e fotografano pezzetti di noi, moderni ed efficienti cronisti della nostra vita, minatori di news condivise, arguti commentatori di vita e convinti sostenitori di campagne social.
Creiamo decine di migliaia di interazioni che diventano materiale che ci identifica, ci profila, ci rassicura, che diventa materiale da tirare fuori per diventare ricordo argomento o ricordo curriculum.
Siamo album di ricordi ambulanti.
E senza questa moltitudine di contenuti non siamo più quello che abbiamo raccontato, siamo “solo” quello che siamo, con tutti i limiti della natura umana analogica senza l’estensione cyber tecnologica e di racconto digitale.
Siamo uomini sì ancora vivi ma con una importante menomazione digitale: uomini meno completi, forse.
Ecco, rinunciare a ciò che ho scritto, fotografato, immaginato, creato e condiviso in tutti i questi anni mi renderebbe un essere umano più povero.
E per quanto la memoria aiuti a ricostruire tanto non potrà mai rendere quello che a portata di click era di fatto
la nostra estensione digitale della nostra identità carnale.
L’umanità aumentata non può più prescindere dalle sue propaggini digitali, in un mondo sempre più vincolato alla presenza e alle dinamiche digitali.
Per questo l’identità digitale non è più una scelta ma ormai un diritto con le conseguenti complicazioni di sicurezza, sociali e di distorsione che può contenere in una fase di transizione che non potrà più riportarci al mondo pre digitale.
Prenderne atto e fare attenzione è quindi imperativo, per non ritrovarsi a dover piangere disperati al funerale della propria brillante ma ormai defunta identità digitale.